Luoghi sospesi   

Antonio Colella

Negli ultimi anni le periferie sono diventate un tema ricorrente sui social media, spesso raccontate attraverso un filtro di nostalgia e malinconia. Questo sentimento emerge da un confronto implicito tra il passato e il presente: se negli anni Cinquanta le periferie erano simbolo di speranza e progresso, oggi sembrano rappresentare un mondo perduto, frammentato e privo di prospettive.

Negli anni del dopoguerra, le periferie italiane erano viste come spazi di rinascita, un rifugio per chi voleva lasciarsi alle spalle le macerie del conflitto. Era il tempo della ricostruzione, della crescita economica, della solidarietà sociale che si formava spontaneamente tra vicini di casa. I nuovi quartieri periferici, con le loro palazzine appena costruite, erano abitati da famiglie che condividevano sogni di riscatto e di una vita migliore. Nei cortili si respirava un’aria di comunità: i bambini giocavano insieme, le madri si aiutavano tra loro, gli anziani raccontavano storie. Le periferie erano luoghi di speranza, dove si credeva che il futuro fosse una promessa concreta.

Figura 1: Corso Grosseto, anni ’60. (Dal gruppo Facebook “Torino Piemonte antiche immagini”).

Oggi, sui social media, quel mondo viene ricordato con una certa nostalgia. Foto sbiadite di cortili pieni di vita, racconti di un’infanzia trascorsa tra campetti improvvisati e strade polverose, diventano contenuti virali. Gli utenti condividono immagini e ricordi di spazi e luoghi che appartengono a un’altra epoca, quasi a volerli salvare dall’oblio. Questo racconto si intreccia con un sentimento di malinconia: le periferie attuali appaiono spesso come luoghi degradati, dove la solidarietà è stata sostituita dall’isolamento e le speranze di riscatto sociale si sono dissolte.

Questo sentimento comune non ha risparmiato il quartiere di Borgo Vittoria, periferia a Nord-Est di Torino. La narrazione social di questi luoghi si concentra spesso sulle trasformazioni negative che negli anni si sono succedute, da quelle urbane, come lo stravolgimento di Corso Grosseto da spazio di relazione a strada a scorrimento veloce, a quelle sociali. Proprio la perdita di quei legami solidali è uno dei temi più ricorrenti: nei commenti si leggono lamentele sul fatto che oggi i vicini non si conoscono, che i cortili sono vuoti, che il senso di comunità si è dissolto. Le periferie non sono più luoghi dove si costruisce il futuro, ma spazi che sembrano sospesi, privi di identità e prospettive.

Figura 2: Borgo Vittoria 1947, “passaggio della madonna pellegrina”. (Dal gruppo facebook “Torino Piemonte antiche immagini”).

La nostalgia per il passato è spesso infatti legata alla sensazione che, insieme ai legami sociali, si sia perso anche un modello di società più solidale e inclusivo. Questo sentimento è amplificato sulla rete, dove la condivisione di foto e immagini storiche stimola una riflessione collettiva su ciò che è cambiato.

Figura 3: Borgo Vittoria anni ’60, “Trofeo Agnelli” (Dal gruppo facebook “Torino Piemonte antiche immagini”).

Allo stesso tempo però i social dovrebbero diventare uno spazio per immaginare un futuro diverso, dove la memoria del passato possa diventare ispirazione per ricostruire nuove forme di solidarietà e comunità. In questo senso, la malinconia che permea il racconto di questi luoghi sui social non è solo una celebrazione di ciò che è stato, ma anche un invito a riflettere su come si possa recuperare ciò che sembra perduto. Perché, forse, nelle pieghe di quei racconti nostalgici si nasconde ancora una scintilla di speranza: l’idea che, anche nei luoghi più trascurati e dimenticati, sia possibile ritrovare un senso di appartenenza e di futuro.

Riferimenti:

  • Gruppo Facebook “Torino Piemonte antiche immagini”.