Uno sguardo allo schermo

Pietro Bartalini

Tra i media che più hanno influenzato l’opinione pubblica nel Novecento spicca l’industria cinematografica, capace non solo di sfruttare gli stereotipi già esistenti ma anche di crearne di nuovi. In particolare, le periferie urbane come quelle di Borgo Vittoria o Madonna di Campagna sono diventate, a partire dagli anni Settanta, scenari ideali per trasportare immediatamente gli spettatori in un immaginario cupo, dominato da violenza e criminalità. Questo immaginario, a sua volta, si intrecciava con la realtà della violenza che caratterizzava le strade italiane durante gli anni di piombo. Nei primi film ambientati in periferia (circa dal 1970), il cinema non si è proposto di sfatare queste convinzioni ma, anzi, ha contribuito a rafforzarle.

A confermare tale dinamica sono film come Torino nera (Carlo Lizzani, 1972), dove la Cascina Fossata, nei pressi di Corso Grosseto, funge da rifugio per un bandito in fuga, oppure Torino Violenta (Carlo Ausino, 1977), un poliziesco crudo e intenso che esplora il lato oscuro della città con numerose scene di inseguimenti nei quartieri periferici. Sebbene queste pellicole rappresentino in modo efficace un determinato immaginario urbano, non si può dire altrettanto per il loro impegno sociale: sono piuttosto esempi di un cinema che, nel secondo Novecento, tendeva a spettacolarizzare alcuni aspetti della società italiana, producendo opere mirate a creare prodotti di efficace intrattenimento.

Distaccandosi dal tema della violenza, che sembrava monopolizzare la rappresentazione cinematografica delle periferie, emergono altri filoni narrativi capaci di offrire letture più profonde e umanizzanti. Tra questi, la prostituzione viene spesso associata alle zone periferiche, come testimoniano drammi e commedie che affrontano la tematica in modo diverso. Portami via (Gianluca Maria Tavarelli, 1994) racconta le vite di due prostitute di Corso Grosseto, i cui fugaci incontri con i protagonisti trasmettono momenti di umanità e amore. D’altro canto, la commedia E adesso sesso (Carlo Vanzina, 2001) utilizza la figura della prostituta per intrecciare le vicende di un operaio in cerca di identità al di fuori del contesto familiare. Questi film non si limitano a utilizzare l’ambiente periferico come semplice sfondo, ma ne raccontano l’essenza, talvolta con intenti di denuncia sociale.

Un capitolo a parte merita la Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno”, detta “Le Vallette”, che, pur non essendo parte integrante del tessuto urbano, contribuisce alla percezione del quartiere come legato al crimine. Qui il cinema ha trattato con sensibilità le tematiche delicate legate agli istituti penitenziari. Le rose blu (Anna Gasco, Tiziana Pellerano, Emanuela Piovano, 1989) rappresenta un esempio significativo di umanizzazione dei detenuti: questo docu-film esplora la vita all’interno del carcere delle Vallette attraverso le storie di detenute e operatori, interpretati dagli stessi protagonisti, che lottano per la dignità e il cambiamento. Un altro film di rilievo è La seconda volta (Mimmo Calopresti, 1995), che affronta il tema dell’alienazione e del confronto con il passato, narrando la storia di un uomo che incontra una donna coinvolta in un attentato terroristico, sullo sfondo di una Torino cupa e riflessiva.

Infine, il cinema contemporaneo continua a esplorare la condizione dell’uomo comune, spesso in solitudine, utilizzando le periferie come metafora dello smarrimento esistenziale. Il padre d’Italia (Fabio Mollo, 2017) racconta la storia di un giovane che lavora nei pressi di Corso Grosseto, vivendo una vita lontana dalle sue aspirazioni e alla ricerca di un futuro migliore.

Questi film, attraverso le loro narrazioni, rivelano una periferia che non si riduce a semplice teatro di degrado e criminalità, ma si trasforma in uno spazio capace di raccontare storie complesse, umane e talvolta intrise di speranza.

La ressa davanti al cinema Capitol di Torino per l’uscita del film (Foto MuseoTorino)
Frame dal film “Torino violenta”

Riferimenti

Torino nera (Carlo Lizzani, 1972)
Torino Violenta (Carlo Ausino, 1977)
Le rose blu (Anna Gasco, Tiziana Pellerano, Emanuela Piovano, 1989)
Portami via (Gianluca Maria Tavarelli, 1994)
La seconda volta (Mimmo Calopresti, 1995)
E adesso sesso (Carlo Vanzina, 2001)
Il padre d’Italia (Fabio Mollo, 2017)