La costruzione del quartiere XVI

Alberto Di Pasquale

I principali attori che intervennero nello sviluppo architettonico e urbanistico dell’area furono Fiat, IACP e lNA-Casa. 

Negli anni Venti del Novecento fu proprio la Fiat, in seguito alla donazione dei terreni al Comune, in particolare di uno dei lotti della cascina Fossata, ad innescare lo sviluppo urbano del borgo. 

Nei primi anni del Novecento, per risolvere la condizione di disagio provocata dalla carenza di abitazioni, si affermò l’Istituto Autonomo Case Popolari, con l’obiettivo di offrire benefici ai ceti popolari e con effetti su scala sociale ed economica.

In seguito alla donazione dei terreni da parte della Fiat, il comune affidò all’IACP il lotto sul quale, alla fine degli anni Venti, venne costruito il XVI quartiere o “Vittorio Veneto”, oggi compreso tra Corso Grosseto e le Vie Sospello, Chiesa della Salute e Bibiana (fig. 4). 

Progettato dall’architetto Umberto Cuzzi, rappresentava uno dei quartieri popolari più all’avanguardia della zona. Era costituito da 561 alloggi ed ogni blocco di caseggiati aveva al piano terra un’appendice; esse erano poste l’una di fronte all’altra, riservate rispettivamente al custode e alle attività commerciali. Il complesso era caratterizzato da alti standard abitativi per l’epoca, in quanto comprendeva alloggi molto ampi da due fino a cinque camere, dotati di impianto di riscaldamento centralizzato. Proprio per questo molti alloggi si rivelarono difficilmente accessibili dal punto di vista economico tanto da rimanere sfitti; di conseguenza alcuni di questi vennero divisi a metà, mentre altri vennero riservati a operai disoccupati a cui si offriva un “affitto semigratuito”.

Figura 4: Il quartiere di case popolari XVI o “Vittorio Veneto” in costruzione. 1929 – 1930.  Archivio Ufficio Studi e Ricerche ATC Torino.

Il Piano Fanfani per la costruzione del villaggio INA-Casa

Nel 1947, per far fronte alla domanda abitativa in seguito alla fine della Seconda Guerra Mondiale, venne varato il Piano di Ricostruzione edilizia o “Piano Fanfani “che prevedeva la costituzione di un fondo gestito dall’ente pubblico Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA), alimentato dai versamenti dei lavoratori e delle aziende.

Le industrie con grandi capacità di investimento, come la Fiat, parteciparono al Piano INA-Casa, con lo scopo di riservare gli edifici in costruzione ai loro dipendenti; tuttavia, vennero gestite soltanto dall’INA-Casa.

Verso la fine del 1949 venne costruito il villaggio INA-Casa, collocato tra Corso Grosseto e le Vie Chiesa della Salute, Orbetello e Paolo Della Cella. Esso comprendeva undici caseggiati distribuiti da due corpi scala e presentava due tipologie di alloggi da 65 e 48 metri quadri.

A differenza del XVI quartiere non utilizzava tecniche all’avanguardia per il periodo né tantomeno un impianto tipologico specifico.

Ancora oggi, oltre alle scarse prestazioni dell’involucro edilizio, comuni a tutte le costruzioni di quel periodo, vi sono specifiche criticità riguardo l’accessibilità degli alloggi, date dalla mancanza degli ascensori. 

Il Piano Case Fiat in Borgo Vittoria

La Fiat sin dai primi decenni del Novecento rimase impegnata in iniziative finalizzate alla fornitura di alloggi per i propri dipendenti e, a partire dagli anni Cinquanta si occupò della costruzione diretta di case, rispondendo alla crescente richiesta di abitazioni.

Il Piano Case Fiat nacque verso la fine degli anni Cinquanta per la probabile volontà di avere totale controllo sull’assegnazione delle abitazioni ai propri dipendenti, oltre che per fornire lavoro e adempiere a tutti gli aspetti della vita civile del lavoratore.

Nel 1956 vennero costruite sette torri abitative di dieci piani nel lotto compreso tra Via Sospello e Corso Grosseto adiacente al XVI quartiere, mentre nel 1958 altri cinque stabili a torre molto simili come impianto nel lotto tra Via Orbetello e Via Giuseppe Massari (fig. 5).

L’ottica di questi edifici non era quella della costruzione a basso costo, bensì il rispetto dei canoni applicati in quel periodo nei progetti per le classi medie. Gli standard abitativi erano più alti delle abitazioni circostanti con metratura di circa ottanta metri quadri e forniti di antenna, riscaldamento centralizzato, boiler ed ascensore. Non mancavano, tuttavia, alcune criticità dal punto di vista architettonico come ridotta dimensione dei balconi e delle zone giorno. 

Figura 5: Il “villaggio” Fiat. Cartolina. n.d. S.A.C.A.T., Torino.

La costruzione in un territorio non ancora urbanizzato che impone il solo vincolo dell’ampio perimetro del lotto ed effettuata da attori diversi, portò ad un’ampia varietà dal punto di vista dell’impianto tipologico: è facilmente visibile da una vista aerea la differenza tra il XVI quartiere con una tipologia a corte, il quartiere INA-Casa con edifici in linea e il Piano Case Fiat con tipologia a torre.

BIBLIOGRAFIA

  • Istituto Autonomo per le Case Popolari, Sessantennio di fondazione Istituto autonomo per le case Popolari della provincia di Torino, 1907/1967, Torino, IACP, 1968
  • Michela Comba, Maire Tecnimont: i progetti FIAT engineering 1931-1979, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2011
  • Valter Rodriquez, Dalle radici ai frutti. Profilo storico dei primi decenni di vita della parrocchia S. Giuseppe Cafasso, Torino, s.n., 2019
  • Grazia Schenone, Circoscrizione V: Vallette, Lucento, Madonna di Campagna, Borgo Vittoria, Torino

SITOGRAFIA